La mia fatica è differente
- Roberto Greco
- 7 Giugno, 2021
- Tempo di lettura: 2 min
Quando si fa sport si fatica. A volte lo si fa con il sorriso, altre con il solo desiderio che finisca ma tutti noi amanti dello sport conosciamo molto bene la fatica. La frequenza cardiaca che aumenta, il respiro che accelera, i muscoli che diventano sempre più duri e i pensieri che iniziano a riempire la nostra mente, questa è la fatica.
Che cos’è la fatica?
Da un punto di vista fisiologico la fatica è una condizione in cui il muscolo, sottoposto a continue sollecitazioni, riduce gradualmente la sua capacità di contrarsi fino ad arrivare ad uno stato di totale assenza di risposta agli stimoli nervosi. L’idea comune è che questa condizione si crei esclusivamente quando ci troviamo di fronte ad uno squilibrio tra la richiesta energetica del muscolo e la presenza di componenti energetiche nel tessuto muscolare. Il tutto, unito all’accumulo in esso di prodotti del catabolismo come l’acido lattico.
Questo ci dovrebbe far dire che tutti viviamo la fatica allo stesso modo. Che a parità di sforzo e a parità di capacità tecniche e atletiche dovremmo rispondere alla fatica tutti alla medesima maniera. Ma non è così, e chi fa uno sport lo sa bene. Ci sono atleti che di fronte alle variazioni fisiche che ci impone la fatica reagiscono in un modo e altri che invece lo fanno diversamente. Questo accade perché nell’insorgenza e nella gestione della fatica il cervello gioca un ruolo da protagonista facendo sì che la fatica esista per tutti ma che ognuno di noi la legga in modo differente.
Sensazione vs percezione
La fatica come il freddo
Per rendere più facilmente comprensibile il concetto di percezione, mi piace paragonare la fatica al freddo. Immaginiamo di trovarci con un amico a novembre con un amico nella piazza centrale della nostra città, a pochi metri uno dall’altro. La temperatura dell’aria è evidentemente la stessa ma per vivere uno stato di benessere uno di noi indossa la giacca mentre l’altro porta un semplice maglioncino. Medesima temperatura ma percezione della stessa totalmente differente. Allo stesso modo, come dicevamo in precedenza, le sensazioni dovute alla fatica sono simili in tutti noi: la frequenza cardiaca aumenta, la respirazione accelera, i muscoli sono pesanti e duri ma alcuni leggono questi segnali come la necessità immediata di fermarsi mentre per altri è una condizione accettabile che non frena la prosecuzione dell’attività.
Perché soffro di più?
A questo punto è normale chiedersi come mai tutto ciò accade. Come prima cosa c’è da dire che questa differente interpretazione ha sicuramente una componente naturale: c’è chi ha una innata propensione a dare un connotato negativo a determinati segnali del corpo e chi invece gli stessi segnali li legge in modo completamente opposto. Poi c’è una componente legata all’abitudine. Il nostro corpo e la nostra mente hanno una grande capacità di adattamento. Maggiori saranno le occasioni in cui sperimenteremo la fatica e più facile sarà imparare a leggerla diversamente. Infine, va ricordato che le nostre percezioni sono influenzate anche da altre componenti e possono variare in base alle nostre abilità mentali, alle emozioni, ai vissuti ed è quindi anche su questi aspetti psicologici che dobbiamo lavorare per spostare la soglia di tolleranza alla fatica.
Ore e ore ad allenarci e a sudare per rendere il nostro corpo performante e capace di portarci a raggiungere i nostri obiettivi ma se la nostra dice “NO” tutto risulta inutile. Imparare a gestire la fatica si può ma l’allenamento più importante non deve essere fatto sul fisico ma sulla mente, magari con un percorso di Mental Coaching.