C’è ansia e ansia

L’ansia è uno degli stati psicologici che un atleta sperimenta con più facilità. Tutti, o quasi, sappiamo cos’è l’ansia e tutti, o quasi, l’abbiamo vissuta almeno una volta nella vita prima di un evento che abbiamo percepito come particolarmente rilevante. Eppure, ciò che genera ansia ad un atleta non è detto che lo generi ad un altro.

L’ansia non è uguale per tutti

C’è chi di fronte ad una competizione non vive alcuna particolare emozione, c’è chi si carica e chi, invece, vive uno stato di ansia profondissimo capace di rendere l’attività sportiva un momento di vera e propria sofferenza. Poi, c’è chi l’ansia la vive come una componente abitudinaria dello sport e chi invece la prova solo ed esclusivamente in determinate occasioni. Ed è proprio su quest’ultima differenza che vorrei soffermarmi in questo articolo, spiegandoti la differenza tra ansia di stato competitiva e ansia di tratto competitiva.

L’ansia di stato competitiva

L’ansia di stato competitiva produce un drastico cambiamento nella sfera emotiva dell’atleta. Dà il via ad un rilevante aumento dell’attivazione psicologica con un conseguente cambiamento cognitivo e somatico. Da un punto di vista cognitivo regnano le aspettative negative e le preoccupazioni rispetto al contesto e al compito. In particolare le inquietudini sono riferite alla difficoltà del compito, alle proprie capacità, alla forza dell’avversario, alle aspettative di allenatori e genitori, al terreno di gioco e al risultato finale. È evidente come tutte queste variazioni cognitive abbiamo come unico risultato una prestazione al di sotto delle aspettative dell’atleta. L’obiettivo è, quindi, quello di eliminare tali preoccupazioni. Sotto l’aspetto somatico c’è un incremento dell’attività del sistema nervoso simpatico che porta, tra le altre cose, all’aumento della frequenza cardiaca e della frequenza respiratoria, all’aumento della contrazione muscolare, alla dilatazione delle pupille e all’aumento della sudorazione. Questi cambiamenti, se ben regolati, possono portare ad un incremento della prestazione da parte dell’atleta. Quindi, diversamente rispetto a quanto accade per le variazioni della sfera cognitiva, le modificazioni somatiche figlie dell’ansia di stato competitiva non vanno eliminate ma, come già in precedenza accennato, regolate.

L’ansia di tratto competitiva

L’ansia di tratto competitiva può essere definita come un elemento relativamente stabile della personalità. È la tendenza a percepire come pericolose e minacciose le competizioni e a rispondere a questa situazione con sentimenti quali per esempio la paura, la tensione, lo smarrimento e la confusione. Questa tipologia di risposta cognitiva viene messa in atto della persona in tutti gli ambiti della sua vita. È ansioso a scuola, in famiglia e nelle relazioni. Il suo pensiero è spesso orientato al futuro con preoccupazione e cerca di anticipare gli eventi la cui probabilità che accadano non è assolutamente certa. Questa sua caratteristica rende l’ansia di tratto a tutti gli effetti un elemento della personalità. Chi mostra un tratto di ansia maggiormente sviluppato manifesta preoccupazione anche in quei contesti che non rappresentano una reale minaccia per la maggioranza degli individui. Da un punto di vista puramente sportivo, l’ansia di tratto competitiva è una variabile della personalità la cui presenza aumenta sensibilmente la possibilità che una situazione agonista sia vissuta dall’atleta con elevati livelli di ansia di stato con tutte le conseguenze del caso.

Come rispondere all’ansia?

La differenza tra le due tipologie di ansia che ti ho appena descritto gioca un ruolo fondamentale nel definire il percorso da seguire per raggiungere il benessere e ottimizzare la prestazione. Di fronte ad un’ansia di stato, spesso è sufficiente apprendere alcune specifiche tecniche di mental training per raggiungere importanti benefici. Se invece l’ansia è un tratto caratteriale dell’atleta, è necessario lavorare sulla percezione che lo stesso ha delle proprie capacità e dell’evento che dovrà affrontare.

L’ansia è sicuramente l’emozione negativa più diffusa tra gli atleti. Spesso la vediamo come un importante limite ma in realtà, con un adeguato percorso di Mental Coaching, puoi farla diventare un’arma a tuo favore.

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